Ce la faremo

Dicono che siamo la generazione che non aiuta, quelli che non hanno rispetto. Siamo quelli del divano, siamo quelli del ‘non sapete cosa significa la fatica’, siamo quelli dello spreco. La generazione bruciata.
Siamo quelli della libertà dei 200 m, siamo quelli che ogni settimana seguono lezioni online e non di meno li riempiono di compiti, siamo quelli che quando faranno l’esame di maturità non saranno a cantare fuori la scuola, siamo quelli cui hanno chiuso le biblioteche, siamo quelli che la prima volta che sono entrati nelle università lo hanno fatto per via internet, siamo quelli dei 18 anni dentro casa, siamo quelli della laurea dentro casa. Siamo la generazione che dal 2020 è stata fregata. Fregata da un virus che non si sa ancora se è stato creato da uno più grande di noi per fare la guerra con un suo coetaneo oppure è lo stesso pianeta terra che si ribella per lo spreco che le generazioni più grandi hanno accumulato in questi anni .
Siamo la generazione del piano B, non potremmo mai essere quella del piano A.

#celafaremo

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Futuro? Future?

Sarà davvero questo il mio futuro?

Alcune volte me lo chiedo, altre volte dico forse ho fatto la scelta sbagliata e altre ancora sono così entusiasta ad avere passato quell’esame che queste domande spariscono.

Ognuno di noi in questo momento sta percorrendo la sua strada e forze alcune volte, proprio come me, si fa queste domande. Quale sarà davvero la risposta?

“E se poi il lavoro che farò non mi gratificherà?” “Se tutto quello che ho fatto non mi farà trovare lavoro?” “Io voglio lavorare non voglio essere solo una donna di casa”. Ecco, in questi momenti come si fa?

Will this really be my future?

Sometimes I ask, sometimes I say maybe I made the wrong choice and still others are so excited to have passed that exam that these questions disappear.
Each of us right now is going his way and forces a few times, just like me, you ask these questions. What will the answer really be?
“And what if the work I do will not gratify me?” “If everything I’ve done will not make me find a job?” “I want to work I do not want to be just a housewife”. Here, in these moments how is it done? (Google translate)

Sono una fuorisede.

Si purtroppo sono una di quelli che si ritrova in questa cerchia. Dico purtroppo perché capitano momenti, attimi, dove ripensi ‘cosa faccio io qui?’ ‘oh guarda la barista, ora la saluto’ ma magari lei si gira dall’altra parte. Capita tutti i giorni qualcosa del genere, allora cerchiamo di andare allo stesso bar, allo stesso supermercato così da scambiare anche un semplice saluto che ci fa rendere la giornata migliore. Il brutto di essere fuorisede però arriva la domenica. Le domeniche di casa sono tutt’altra cosa e chi se lo aspettava. Alcune volte odiavo alzarmi presto per essere puntuale a messa, per poi andare dai nonni, per poi fare un giro in centro, eppure ora ogni domenica quando sento il rintocco delle campane mi viene da sorridere.

natale_siena5

Yes, unfortunately. I say unfortunately because there are moments where do you think ‘why am I here?’ ‘oh look, there is the barmaid, now I say hello’ but maybe she turns away. It happens every day something like that, then we try to go to the same bar, at the same supermarket, so as to exchange even a simple greeting that makes us make the day better. The bad of being OFFSITE, however It arrives on Sunday. The Sundays of home are another thing. Sometimes I hated getting up early to be punctual for holy mass, and then go to the grandparents, then take a ride downtown, but now every Sunday when I hear the tolling of bells I smile.